Claudio Mangini, giornalista sampdoriano

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    Sampdoria, dopo il tracollo bisogna ripartire da una tifoseria unica ed un progetto "impossibile"

    Amaro, molto più del cioccolato fondente delle uova di Pasqua, il sapore della sconfitta più inappellabile e definitiva di una stagione segnata, ha almeno un pregio: cancella ogni alibi, azzera ogni speranza, lascia una tifoseria senza illusioni. La sentenza è stata emessa, anche se non supportata dalla matematica. Per la salvezza servirebbero 3 vittorie e 5 pareggi nelle ultime 9 partite. Lasciamo perdere. Nel sabato della cocente delusione resta una sola certezza: la tifoseria. Chi non c’era non può capire: un tifo, una partecipazione un aiuto continuo durante tutta la gara. Da brividi, ma purtroppo inutile. La Sampdoria, oggi, ha questa sola certezza: il suo tifo, il suo enorme capitale umano, che sperperare sarebbe pura follia.

    Il tracollo con la Cremonese, che doveva essere il primo tassello, il primo mattone del trittico della speranza che portava allo scontro diretto con lo Spezia, è emblematico dei mali di questa segnatissima stagione. Perché, se riesci a superare la tua cronica carenza offensiva (7 gol nelle ultime 4 partite) ma non batti l’ultima in classifica, vuol dire che ogni sogno di rimonta è missione impossibile; se vai due volte in vantaggio contro una squadra che non ha mai vinto in trasferta e riesci a farti raggiungere e scavalcare, vuol dire che il tuo destino è segnato; se, appunto, nella sfida della vita, sei avanti nonostante tutto e becchi il gol del pareggio a sei minuti dal 90° e quello del sorpasso nel recupero, vuol dire che i fantasmi di una terribile fragilità mentale sono spettri che non ti hanno mai abbandonato.

    Per non farsi mancare niente di tutte le negatività che hanno contrappuntato il cammino blucerchiato in questa stagione, c’è anche – ti pareva – un torto arbitrale che, però, nella fattispecie passa giustamente sotto silenzio: il rigore negato a Djuricic, che porta all’ammonizione di Stankovic per proteste. E poi, c’è la madre di tutti i dubbi riguardo la partita di sabato: dato per assodato che la panchina della Sampdoria è cortissima, non corta, era proprio necessario sostituire i due migliori in campo, Augello e Zanoli? Stankovic ha spiegato che la squadra era acciaccata, in emergenza, che tre o quattro chiedevano il cambio. Ma quei due cambi erano inevitabili o no?

    E il quesito, ovviamente, va visto in prospettiva. Perché Deki Stankovic piace alla gente, piace per il suo coinvolgimento emotivo. Ma poteva fare di più nelle 21 partite in cui ha guidato la Sampdoria? E può essere lui l’allenatore su cui puntare per il futuro? O, come ha detto seccamente Vierchowod a Telenord, mettendoci come sempre la faccia, non era l’uomo giusto al posto giusto?

    Questo per completare l’analisi di uno scenario. E, per aggiungere, l’ultima nota non a margine, tutti ricorderanno perché la Sampdoria ha dovuto puntare su un allenatore giovane e pieno di grinta piuttosto che sull’esperienza del vecchio guru Ranieri: perché Ranieri, dopo il tiramolla post stagione dei 52 punti, non ha voluto aver nulla a che fare con una società dove ancora figurasse Massimo Ferrero.

    Punto e a capo. In una situazione del genere, con una retrocessione ormai virtualmente in giudicato, qualunque club passerebbe a costruire un progetto solido e mirato per l’immediata risalita, con gli uomini giusti al posto giusto. Ma alla Sampdoria, questo oggi non è possibile. Perché, per farlo, ci vorrebbe un presidente saldamente in sella, un Cda forte e unito che lo supporta, una proprietà solida alle spalle, una struttura tecnica definita e i soldi necessari per trasformare le idee in fatti. E la Sampdoria, oggi, non ha praticamente nulla di tutto questo.

    I tempi, oggi, sono strettissimi: serve concludere la stagione, pagare gli stipendi, essere in regola con gli adempimenti fiscali, iscriversi al prossimo campionato. E da lì ripartire. Ma servirebbe cominciare a lavorare oggi.

    Domenica era il compleanno di Paolo Mantovani. Roberto Mancini gli ha dedicato un pensiero affettuoso e una foto sorridente su Instagram. Poco più di quarant’anni fa, Mantovani apriva il ciclo più smagliante e vincente della storia della Samp. Oggi una prospettiva simile è un miraggio. Ma questi tifosi, questa gradinata, meritano riconoscenza e lo sforzo dell’impossibile. In gioco c’è la vita della Sampdoria.

    https://telenord.it/sampdoria-dopo-il-trac...possibile-55562
     
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    Samp, serve un acuto contro la Spezia per la dignità. Società, dalle sabbie mobili si esce con un atto di coraggio del Cda

    Ci sono pareggi e pareggi. Ci sono pareggi che sono mattoni per costruire un pezzo di campionato e pareggi che si sbriciolano senza lasciare nulla di concreto. Quello della Sampdoria domenica a Lecce è il pareggio più inutile di tutto questo campionato. E non è più neanche il pareggio dei rimpianti, perché quelli si erano esauriti, o quasi, la settimana precedente dopo la sconfitta a Marassi contro la Cremonese. Questo è il pareggio della certezza e della consapevolezza dei propri limiti, di una squadra mai in grado, per tutta la stagione, di compiere un salto di qualità.

    Le attenuanti – va rimarcato subito – ci sono tutte. Dalla disastrosa situazione societaria alla lunga serie di torti arbitrali subiti, che non sono un alibi, ma un dato oggettivo, un peso che ha zavorrato e rallentato il cammino della squadra durante l’arco di questa stagione segnata. Per arrivare, e non è certo un dato minore, all’incapacità di cogliere, quasi mai, l’occasione degli scontri diretti o dei bivi che avrebbero potuto cambiare scenari e destino. Aggiungete la caratura non eccelsa del gruppo, la panchina cortissima anche in seguito a qualche infortunio importante (Audero, De Luca), qualche scelta tecnica discutibile. Sommate tutti questi dati ed eccola, la Sampdoria incapace di un’impennata, di un acuto che, anche nel caso di Lecce, seppure tardivamente, alla vigilia della partita con lo Spezia, avrebbe potuto dare un altro senso alle prospettive immediate.

    La Sampdoria da Lecce torna con un punticino dopo quello che è forse il peggior primo tempo di questo campionato, raddrizzato da un tocco di classe di Jesé Rodriguez, probabilmente sottoutilizzato nelle recenti occasioni precedenti. Con un altro approccio, la Sampdoria avrebbe probabilmente potuto portare a casa l’intera posta, invece è rimasta spesso in balia degli avversari e non ha avuto la convinzione per tentare il colpo pieno nel finale, una volta riagguantato il pareggio.

    Si riparte dallo Spezia, sabato prossimo, ed è una sfida che non potrà riaprire il campionato ma ha un valore simbolico: vincere per una questione di dignità e far capire che, davvero, la Sampdoria non mollerà fino alla fine della stagione, magari ponendosi il terzultimo posto, tutt’altro che facile a questo punto, come obiettivo. Ma giocare in queste condizioni non è facile. E non solo per la pressione che, fino alla partita con la Cremonese pesava maledettamente – come dice Stankovic – sul gruppo e poi per la successiva tremenda delusione. Ma, soprattutto, perché non è facile andare avanti con la consapevolezza che, oggi, non c’è né un progetto né un futuro certo. Nessuno tira indietro la gamba, questo non lo pensiamo, ma quanti, nella rosa attuale, hanno la certezza di far parte di uno scenario prossimo venturo in casa blucerchiata? Nessuno. E, insomma, andare avanti così è maledettamente difficile.

    Il futuro societario, lo sappiamo, è una partita a scacchi la cui posta in palio è la salvezza della Sampdoria. L’avvocato di Ferrero, Pieremilio Sammarco, fa sapere che dal trust si deve passare. Ma nessuno, allo stato attuale, intende farlo. Il finanziere Alessandro Barnaba ha presentato un progetto. Edoardo Garrone, che lo sostiene, ribadisce di esserci ancora, ma solo in presenza di progetti seri e soprattutto indirizzati solo al bene della Sampdoria. E il ticchettio dei count down, con le dead line inderogabili degli adempimenti fiscali, degli stipendi da pagare e dell’iscrizione al campionato diventa un rombo assordante.

    Serve, disperatamente, una soluzione che, al momento, sembra andare in un’unica direzione: una presa di posizione del Cda, la chiusura anticipata della composizione negoziata per aprire la strada alla liquidazione giudiziale. Con i tempi strettissimi a disposizione, questo appare oggi come un percorso obbligato per consentire al piano Barnaba (che avrebbe già incassato il parere favorevole della Figc) di essere "costruito" per l'acquisizione del ramo sportivo di azienda.

    Nulla di facile e scontato, sia chiaro, ma i margini operativi sono ridotti. Significherebbe lavorare per salvare la categoria e l’intera Sampdoria. Una volta nelle sue mani, sarebbe infatti il Tribunale (e non Ferrero) a decidere le sorti della società blucerchiata: e tra l'opzione di lasciar fallire tutto e quella di salvare qualcosa e qualcuno (compresi i circa 40 dipendenti della Samp e le aziende fornitrici del territorio, verso le quali ci sarebbe la disponibilità di Barnaba a trovare soluzioni), potrebbe propendere per la seconda opzione, stralciando la cosiddetta bad company (compresi i debiti con il fisco) e consentendo al finanziere romano di acquisire la parte "buona", sebbene gravata da debiti.

    P.S.: nel malaugurato caso di fallimento, e facendo tutti gli scongiuri del caso, resta la speranza della C anziché della D. Il tutto, ovviamente, appeso a eventuali (e non infrequenti) rinunce alla categoria. Nel caso, si valuterebbero i palmares, e la Sampdoria non avrebbe difficoltà a guadagnare la categoria superiore. Ma a uno scenario simile nessuno vuole pensare.

    https://telenord.it/samp-serve-un-acuto-co...o-del-cda-55771
     
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    Sampdoria, travolta anche la dignità. Per il futuro serve un progetto, non solo un salvataggio

    Basta giocare a nascondino, ognuno si assuma le proprie responsabilità

    Così no. Così è proprio quello che nessuno voleva vedere, che nessun tifoso sampdoriano meritava. Lottare, battersi, provarci, stare in campo e mettere in difficoltà l’avversario, non spalancargli la strada, magari provarci e non riuscirci. Ma così no. Perdere 5-0, non esserci con i muscoli, con la testa, non esserci con il cuore. Non provare ad essere un problema per l’avversario. Non essere una squadra. Ecco, questo è successo a Firenze. La Sampdoria, dopo il gol, non c’era più. Sgretolata, polverizzata, travolta.

    Così fa male, così è un’agonia che non vedi l’ora finisca. E meno male che c’è un turno infrasettimanale, così l’agonia si accorcia. Ma è troppo semplice cercare le attenuanti. Che ci sono, indubbiamente. Ma che non devono essere un alibi, mai. Perché Marco Lanna non ci dorme la notte. E i giocatori finiranno per prendere gli stipendi del trimestre nei tempi anche stavolta (a differenza di molti dipendenti della società in arretrato di varie mensilità). E, allora, basta giocare a nascondino e ciascuno si assuma le proprie responsabilità.

    Lo ha detto anche Deki Stankovic, che stavolta è sembrato pietrificato in panchina. Non era lui, non aveva le forze, spossato da una polmonite e dalla febbre alta. Ma ha colpito che sul viso non affiorasse neppure la rabbia: rassegnazione, semmai. Al tecnico serbo si possono imputare molte cose – scelte tecniche, cambi intempestivi, giocatori amati troppo e amati troppo poco, trascurati – ma non il cuore, la sua grinta. Eppure stavolta è stato tutto un patatrac.

    Ma bisogna cominciare dall’inizio. Una partita non certo spettacolare, meglio la Sampdoria della Fiorentina per mezz’ora. La Sampdoria a frenare i viola e due occasioni da gol. La prima che, per l’ennesima volta, grida vendetta: uno-due e palla smarcante per Lammers che, con tutta la porta davanti batte con il peso all’indietro, mal coordinato, sprecando e mandando altissima una gigantesca palla-gol (l’ennesima di questa sua parentesi blucerchiata) come da un giocatore di serie A non ci si può aspettare. Poi, splendido cross da sinistra di Augello e Gabbiadini che non ottimizza nel contrasto con Milenkovic a due passi dalla porta spalancata. Poco dopo, l’uscita di scena di Leris per un’entrataccia e il buio totale. In campo l’ectoplasma Djuricic, sostituito 44 minuti dopo, prima della mezz’ora della ripresa, sul 3-0).

    Poi, l’1-0 nel recupero del primo tempo. Quindi, il nulla nell’intervallo. Cambi? No. Jesé Rodriguez a marcire in panchina, Quagliarella per l’ennesima volta spettatore non pagante. E non si fanno discorsi da bar sport: il capitano ha quasi mai inciso quando è entrato. Ma perché Lammers sì e lo spagnolo no? Perché farlo entrare solo al 28’ della ripresa? Perché non provare, sotto di un solo gol, a pungolare l’orgoglio di Sabiri di fronte al suo futuro pubblico? E, invece, quando esce Oikonomou – uno dei pochissimi a salvarsi – entra Murillo e prende un giallo per fallo di mano dopo pochi secondi. E non c’è più difesa, non c’è più filtro, non c’è Zanoli che fino a poche settimane fa accendeva il gioco sulla fascia destra, non c’è Winks a dare geometrie e trovare linee di passaggio, non c’è El General Rincon che, invece, le linee di passaggio le sbaglia come un compito di geometria riuscito male. Non c’è attacco e non c’è Samp.

    Travolti, nella brutta figura. Stankovic dice che chiederà un confronto. Che è difficile salvare qualcuno, a partire da se stesso. Qualcuno rema contro? Non crediamo. Qualcuno non rema più? Evidente, palese. La Sampdoria si è sgretolata e questa stagione deve solo finire in fretta. Ma ci sono sei partite e un mese davanti. Qualche tifoso dice: “Mandiamo in campo la Primavera”. Ma no, lasciamo la Primavera al suo buon campionato, dove Montevago, migliorato dall’esperienza in prima sqaudra, segna molti gol e cresce.

    Si gioca subito, col Torino. Non sono da escludere contestazioni. C’è l’ennesimo bivio, e stavolta non è più di classifica. E’ il bivio tra finire con la dignità che la Sampdoria del dopo sosta Mondiale aveva sempre mostrato (tranne il pessimo primo tempo di Lecce), prima di Firenze, e lo svacco. Questi tifosi, che hanno dovuto digerire una stagione pessima e pure quest’ultima umiliazione, non meritano ulteriori schiaffi. Solo impegno e unità. Stankovic se ne andrà, o verrà licenziato in queste ore? Non crediamo né alla prima né alla seconda possibilità. E’ tutto dietro l’angolo, anche la possibilità di un riscatto, un sussulto di orgoglio contro il Torino.

    E’ una stagione nata male, con mille errori e infinite difficoltà, lo sappiamo tutti. Condita da parecchi torti subitì e un bel po’ di sfighe varie. Ma è inutile guardarsi indietro e fare l’elenco dei se. Qui siamo e da qui bisogno solo finire con dignità in campo.

    Fuori, dopo giorni di cieli nerissimi sembra apparire qualche schiarita in termini di soluzioni possibili per evitare il fallimento della società. Inutile commentare e assegnare percentuali. Inutile illudere e illudersi. Solo una cosa: se qualcuno arriverà a salvare la Sampdoria, arrivi non per dare un po’ di ossigeno e rinviare il crollo. Serve un piano, una strategia, linee guida, una linea di comando chiara, un progetto. Un anno e mezzo fa la Salernitana camminava sul baratro, domenica ha rinviato la festa scudetto del Napoli con una grande prestazione, una squadra, un allenatore e una dirigenza. Serva da esempio, se qualcuno vorrà salvare questa povera, ingiuriata, Sampdoria.

    https://telenord.it/sampdoria-travolta-anc...lvataggio-56257
     
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    Nonostante tutto, poteva essere salvezza. Ferrero e la sua promessa: l'importante è che non si metta (ancora) di traverso

    Piccole considerazioni di calcio giocato in un momento in cui, in casa Sampdoria, l’aspetto calcistico è in secondo piano, visto e considerato che la vera salvezza si gioca altrove. Vero: Sampdoria-Empoli non contava ormai nulla per i blucerchiati (ma molto per l’avversaria di turno che andava a caccia del punto della matematica salvezza). Però dentro i 94 minuti della prima partita giocata davanti al proprio pubblico “da retrocessi” ci sono molti dati non trascurabili. Primo: la Sampdoria ha iniziato con un ritmo molto basso cercando di svolgere essenzialmente il compitino, in teoria senza scoprirsi troppo, in realtà correndo diversi rischi. Sembrava di rivedere certi inizi scolastici dell’ultima gestione Giampaolo.

    Secondo: ci si aspettava la presenza di qualche giovane in campo, ma la formazione era rigorosamente quella “dei titolari”. Scelta cocciuta e ottusa di Stankovic, secondo molti critici, in realtà probabilmente la voglia di avvicinarsi al commiato almeno con un’altra vittoria casalinga. E, dunque, palla a chi è stato protagonista nel male di una stagione terribile: a voi una chance di riscatto. Purtroppo sfumata nel finale. Terzo: il migliore in campo è stato Fabio Quagliarella, lampi di classe pura e impegno, probabilmente sostituito troppo presto come in altre occasioni era stato dimenticato in panchina. Settimana dopo settimana il tecnico serbo ha perso feeling con i tifosi e accumulato critiche per le sue scelte reiterate. Puntare sempre e comunque su alcuni giocatori (Djuricic, Lammers, Murru) dimenticandone altri (Jesé Rodriguez, Quagliarella). Stankovic era riuscito perlomeno a dare una compattezza e uno spirito battagliero alla Sampdoria; dopo il crack con la Cremonese, si è sgretolata la Sampdoria e si sono moltiplicate certe sue incomprensibili scelte gestionali. Di sicuro, il tecnico serbo ci ha provato calandosi nella parte con grandissima partecipazione e coinvolgimento; certamente è venuto a fare scuola guida nel campionato italiano, dopo aver vinto ben tre titoli in quello – molto meno qualitativo – serbo.

    Il futuro dirà se potrà diventare un buono o ottimo allenatore. Ma, se sarà serie B, è evidente che la nuova Sampdoria dovrà partire da uno specialista, possibilmente giovane, ma con un curriculum significativo nella categoria. Quarta e ultima considerazione: per l’ennesima volta la Sampdoria si è fatta raggiungere in modo banale nel finale di partita, dimostrando, se ce ne fosse ancora bisogno, tutta la sua fragilità al momento decisivo di portare a casa il risultato.

    Ma quel che resta, da questa partita di fine stagione, a destino purtroppo, già segnato, è che la Sampdoria avrebbe potuto giocarsela con squadre come Empoli, Verona, Lecce, Cremonese eccetera. Nonostante tutto, nonostante le carenze palesi (un centravanti vero, innanzi tutto), la caratura complessiva non era quella del malinconico, solitario e staccatissimo fanalino di coda.

    Ma a segnarne il destino sono state svariate componenti: dalla crisi societaria che ha ammantato la stagione con la sua cappa pesantissima a (nonostante tutto, appunto) errori di programmazione e di mercato, dalle aspettative mancate di alcuni protagonisti alle presenze mancate per infortuni (De Luca, Pussetto) per mettere insieme un organico carente e in certi momenti della stagione – ricordate? – talmente corto da andare in campo con una panchina ridottissima, per finire con le scelte, in certi momenti incomprensibili, dell’allenatore; dai bivi sbagliati finché la stagione era aperta ai non trascurabili torti arbitrali che hanno zavorrato e frenato la Sampdoria fin da inizio stagione.

    Un’altra considerazione di calcio giocato, in riferimento alle scelte di mercato. A firmare il gol salvezza (non ancora aritmetica, ma vicinissima) della Salernitana contro l’Atalanta è stato Antonio Candreva. E’ vero che la Sampdoria, quest’anno, doveva ridimensionare gli ingaggi e limare ovunque possibile. E’ vero che Candreva voleva, per questioni di famiglia, avvicinarsi a Milano e, infatti, la prima operazione percorribile era apparsa il suo trasferimento al Monza. Ma da Genova a Salerno il passaggio si è concretizzato anche e soprattutto partendo dallo scarso feeling tra l’esterno ex azzurro e Giampaolo. E Candreva era stato, lo ricordiamo, il protagonista assoluto a suon di gol, assist e dunque punti di due terzi della stagione scorsa. Forse, nel momento delle scelte, si sarebbe dovuto considerare alcune priorità e stabilire quali dovessero essere i pilastri di una squadra comunque costruita in emergenza e con risorse ridottissime.

    E veniamo al presente, all’urgenza, ovvero alla questione societaria. I tempi, si sa, sono strettissimi: l’assemblea degli azionisti è convocata per venerdì 26 in prima e per lunedì 29 in seconda convocazione. C’è da portare al 60% del monte debiti il sì dei creditori alla ristrutturazione del debito. C’è l’offerta vincolante di Barnaba (con Edoardo Garrone come sponsor in appoggio) e della sua società Merlyn Partners. Ci sono altri nomi in gioco da tempo, come quello del finanziere Raffaele Mincione e dell’imprenditore Massimo Zanetti. Stando a chi lo conosce bene e ha a cuore le sorti della Sampdoria, come Gianluca Pagliuca e Enrico Nicolini, se Zanetti si impegnasse offrirebbe estreme garanzia di serietà, ma l’industriale del caffè appare oggettivamente più indietro nell’operazione Sampdoria. Barnaba ha fatto bene nel Lille. Poi, potrebbe rientrare in gioco Banca Sistema, che è anche uno dei grandi creditori.

    Nel caso di un aumento di capitale, il Tribunale, nell’interesse dei creditori, potrebbe bypassare l’azionista di maggioranza Massimo Ferrero. Il quale, in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, ha detto molte cose, giurando, all’inizio, di dire tutta la verità e in chiusura ribadendo di non avere detto una sola bugia in tutta la lunga chiacchierata. Saranno i fatti a confermare o meno la sua versione. Resta una frase, da estrapolare: «Io farò di tutto affinché questo (il fallimento) non avvenga. Non è una sfida tra me e Garrone, tra me e il cda. Mi sto muovendo in più direzioni per provare a salvare il club». Basterebbe un gesto: non mettersi ulteriormente di traverso.

    https://telenord.it/nonostante-tutto-potev...-traverso-56742
     
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    Ma dove lo ha visto Quagliarella migliore in campo e sbattersi? 🤔
     
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