Tutto il calcio minuto per minuto

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  1. sampdoria olè
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    Morto a 86 anni, fu il padre di "Tutto il calcio minuto per minuto"
    Per 28 anni ha tenuto incollate alla radiolina milioni di persone


    GIANNI RANIERI lastampa.
    Roberto Bortoluzzi era nato a Portici nel 1921. Dopo aver interrotto la carriera militare entrò nel 1944 in Rai. Con Guglielmo Moretti e Sergio Zavoli ideò nel ‘59 «Tutto il calcio minuto per minuto», programma che lo vide ogni domenica protagonista fino al 1987.

    Era un romanzesco mondo di voci, e se i proprietari di quelle voci non fossero stati tanto celebri e riconoscibili, avremmo potuto assegnare ad ognuno di loro l’immagine offerta dalla nostra fantasia. Come si fa per i protagonisti dei libri che hanno segnato e segnano la nostra esistenza. Se non lo avessimo conosciuto di persona, che aspetto avremmo dato, ad esempio, a Sandro Ciotti? Ci saremmo ispirati alla sua voce brunita che sembrava avesse il colore d’una canna di fucile. Quelle voci, la nostra fantasia l’alimentavano ogni domenica, la nutrivano e rimpolpavano con il mitico «Tutto il calcio minuto per minuto».

    Una prodigiosa invenzione, un’epifania per l’immenso esercito degli appassionati di calcio. Dietro a quelle voci, a comandarle, informarle, dirigerle c’era l’autore del romanzo, si chiamava Roberto Bortoluzzi. Si è spento il 5 novembre. E’ uscito dall’ultimo capitolo, quello che non si vorrebbe arrivasse mai, dopo un lungo silenzioso addio, uno di quegli addii che mettono la bambagia attorno al tuo nome. Ma sì, ma sì, me lo ricordo. Ma certo, Roberto Bortoluzzi. E allora ecco che tutti i personaggi di quel favoloso romanzo bussano alle porte della memoria, si accomodano nel nostro cuore in un posto di poltronissima.

    Roberto Bortoluzzi non mandava al diavolo nessuno, dirigeva con serena pazienza. Accettava gli errori altrui perchè li comprendeva, sapeva che quel lavoro non era uno scherzo. Enrico Ameri, Ciotti, Claudio Ferretti, Alfredo Provenzali, Beppe Viola che per primo spolverò di ironia un mondo serioso che sembrava vergognarsi della gioiosità. Una varietà di caratteri e di stili, un cacciucco di bravure e di modi di interpretare la partita, eppure tutto appariva radiofonicamente amalgamato, giustamente insaporito e, questo era il bello, proprio questo era l’importante: in mezzo a un crepitare di notizie, a uno scrosciare di interventi, a un grandinare di azioni da gol, di cross a rientrare e di incursioni di disturbo, la Voce del padrone si levava decisa ma pacata, placida. Si capiva che c’era un uomo solo al comando e pur non portando maglie colorate e non pedalando andava sempre vittorioso al traguardo.

    Ma come era veramente quel raccolto, disteso e distensivo signore di «Tutto il calcio minuto per minuto», era davvero un maresciallo fratello maggiore, sempre immerso in una indistruttibile flemma? A questo proposito, Sandro Ciotti diceva, scartavetrando consonanti e vocali, «Gli girano anche a lui, ma non se ne fa accorgere. Quando girano a noi, perchè succede che ci girino durante la trasmissione, se ne accorgono tutti. La differenza sta qua».

    La grande idea - e come si fa a non metterla al centro della sua carriera che si era iniziata del 1944? - arrivò dopo anni di curioso frugare tra le pieghe del gioco del calcio. Aveva succhiato gli umori d’un campionato mondiale, quello di Svizzera, già denso di cose da vedere e da narrare. Aveva ascoltato e studiato le voci di Nicolò Carosio, l’immaginifico, e di Nando Martellini, che non usciva mai dalla realtà dei fatti neppure a spingercelo con un bazooka. Sapeva tutto di tutti. O meglio: sapeva tutto di tutte le voci, Roberto Bortoluzzi. E così, gli sbocciò la trovata che doveva rivoluzionare l’informazione sportiva della domenica, la trovata che avrebbe incollato gli ascoltatori calciofili alla radio.

    Lasciateci supporre che la Radio, la vecchia amatissima Radio che la televisione non è mai riuscita e non riuscirà mai a trasformare in cenerentola, venuta a conoscenza di quanto Bortoluzzi andava organizzando si sia commossa e abbia baciato sull’una e l’altra guancia l’uomo della calcistica provvidenza. Riordinare in uno spartito la baraonda pallonara della domenica, collocare le voci dei narratori sui giusti punti del pentagramma, qui le sventagliate di mitragliatrice del tenore Ameri, là i monologhi scorticati e a percussione del baritono Ciotti, a nord le cadenze di grazia di Viola, a sud i recitativi di Provenzali, un suono elegante che non cedeva d’un’unghia alle urla delle curve imbestialite. Ce ne voleva di coraggio. Eppure ogni domenica quell’opera andava in scena. Ogni domenica. Roberto Bortolucci da un «Tutto il calcio minuto per minuto» usciva e in un Tutto il calcio minuto per minuto entrava. Dal 3 febbraio del 1959 al 1987. Ventotto anni di voci. Nemmeno Giovanna d’Arco ne aveva sentite tante in vita sua.

    Forse Bortoluzzi, fosse toccato a lui stabilirlo, avrebbe suggerito, quale merito sommo da infilargli come un fiore all’occhiello della giacca, qualcosa di diverso da «Tutto il calcio». Forse qualcosa dei primissimi anni in Rai quando gli erano compagni Vittorio Veltroni e Guglielmo Moretti che a lungo gli sarebbe rimasto al fianco. Perchè è sempre una fiaba l’inizio, i primi passi, le prime vittorie e le prime sconfitte. Ma, alla fine, quando si tirano le somme, c’è sempre una bandiera più grande che si prende il diritto di spedire nell’ombra le bandierine dei nostri ricordi.

    Ciao Roberto!
     
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    Me lo ricordo, i primi tempi che ascoltavo le partite in radio c'era lui.
     
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  3. Ale in the Stretch
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    Io per motivi anagrafici non ho mai potuto ascoltare le sue radiocronache, ma ne ho sempre sentito parlare come un grande professionista oltre che uno dei padri di quella magnifica trasmissione radiofonica chiamata "Tutto il Calcio Minuto per Minuto".

    Sentite Condoglianze alla famiglia.
     
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  4. sampdoria olè
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    (AGM-DS) - 06/11/2007 12.54.28 - (AGM-DS) - Milano, 6 novembre - Sul piano personale, per chiunque l’abbia conosciuto, o anche solo frequentato, Roberto Bortoluzzi e’ un Signore. Un cordiale e affabile signore napoletano. Infatti e’ nato a Portici e ha sempre fatto il tifo per il Napoli, ma solo in privato, perche` sul lavoro glielo impediva la sua imprescindibile correttezza professionale.
    Come tanti veri signori napoletani, l’avresti detto un gentleman inglese, sempre composto, anche nelle situazioni piu` confuse o critiche, spesso sottilmente ironico, ma solo se la circostanza lo consentiva. Raramente sul lavoro il suo dissenso si manifestava in modo plateale e pubblico. Piu` spesso invece, in privato o in ristretta cerchia, il garbato consiglio o la critica precisa, anche dura, ma aperta e circostanziata.

    Era dunque un piacere lavorare con lui, che sul lavoro non aveva antagonisti, ma solo colleghi, e da colleghi sapeva trattare tutti, anche i piu` giovani e sprovveduti appena arrivati a quel suo stesso mestiere che lui padroneggiava da maestro. Piacevole e a conti fatti anche facile lavorare con tanto mostro. Bastava sapersi adeguare al suo unico imperativo, espresso sempre affabilmente, seppur in triplice copia, soprattutto ai piu` giovani collaboratori: ”Verificare, verificare e ancora verificare!”
    A intendere che ogni frase lanciata ai microfoni deve basarsi su notizia certa “perche`, ragazzi, chi vuole ascoltar storie va a teatro, ma chi accende la radio vuole fatti certi, verificati con scrupolo e magari anche detti con chiarezza…”.

    Tutto cio` a prescindere dall’argomento, che poteva essere il piu` serio e drammatico o il piu` frivolo e leggero. A maggior ragione questo imperativo valeva per “Tutto il Calcio minuto per minuto”, visto che a quei tempi milioni di italiani andavano alla partita con la radiolina all’orecchio e qualsiasi annuncio di gol fatto o subi`to su un campo si rifletteva immediatamente, con un boato pressoche` sincrono su tutti gli altri campi di gioco.
    Quell’imperativo verbale, insieme etico e pratico, era il pilastro del suo modo d’intendere il giornalismo, la qualita` del suo lavoro scaturiva da due altre componenti essenziali: rigore e buon gusto nella scelta della parole, ritmo nel proporle in frasi sempre articolate per logica e mai per colore o enfasi.

    Non a caso il suo esordio ai microfoni nel ’44, quando la Rai si chiamava ancora Eiar, era stato come speaker dei Giornali Radio. Proprio nello stesso palazzo di corso Sempione in cui il nome Bortoluzzi quello noto era quello di suo padre, ingegnere e progettista, con Gio’ Ponti, della sede Eiar di Milano. Qui il giovane Roberto, schivando le tentazioni di una carriera da ufficiale di Marina, divento` poi giornalista Rai, nei Giornali Radio e alla radio rimase sempre. In televisione fu visto solo poche volte, ospite in trasmissioni altrui.

    Alla radio mi sento di casa, amava ripetere a tanti che gli chiedevano perche` non avesse mai fatto, come tanti altri colleghi, il gran salto nel piccolo schermo e ancora confessa che non gli e’ mai dispiaciuta quella scelta, che a tanti poteva apparire restrittiva che lui viveva invece come liberatoria dagli impicci e dai lacci che la notorieta` televisiva comunque impone.
    “Se vado al bar ,in una qualsiasi citta`, e il caffe’ voglio prendermelo in santa pace - amava ripetere - lo ordino sottovoce. Se mi distraggo e parlo ad alta voce, subito qualcuno mi riconosce…e addio pace”.
    Era il suo modo di tendere sempre e comunque a quell’essere sottotraccia che distingue tanti veri signori, anche napoletani e che un vero signore chiama piu` semplicemente “discrezione” .

    Ma se alla radio Bortoluzzi si sentiva di casa, e` stato in realta` anche uno stupendo padrone di casa il pomeriggio di ogni domenica di campionato, quando dallo Studio 6, al quinto piano di corso Sempione, apriva le porte del “Tutto il Calcio minuto per minuto”, 28 anni di conduzione ininterrotta di una trasmissione straordinaria per seguito e popolarita`, ideata non a caso da giornalisti straordinari come Guglielmo Moretti, Sergio Zavoli e lo stesso Roberto Bortoluzzi.

    Ma sbaglierebbe chi volesse ridurre Bortoluzzi alla sola epopea di “Tutto il Calcio minuto per minuto”. Roberto Bortoluzzi e’ stato anche cronista di razza e narratore magistrale di Olimpiadi e Campionati del mondo, appassionato ed esperto di sport diversissimi dal calcio, come l’automobilismo altrettanto popolare in tempi di Millemiglia. Ma di tutto questo era raro sentirlo parlare.

    Cosi come e’ oramai impossibile che in un bar qualsiasi di una qualsiasi citta` sentire ordinare un caffe’ ad alta voce…. Voltarsi e vivere la magia della voce che annunciava emozioni continue ogni domenica e che generazioni di appassionati e non hanno amato ed apprezzato.

    A cura di Bruno Talamonti e Sergio Chiesa, per una volta ancora nello Studio Centrale ad assistere la conduzione impeccabile di Roberto con in bocca il suo immancabile sigaro.

    (R. Datasport, DTS)




     
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