Luis Suárez Miramontes (1970-1973)

Centrocampista

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    Luis Suárez Miramontes, noto come Luisito Suárez (La Coruña, 2 maggio 1935), è un allenatore di calcio e ex calciatore spagnolo, di ruolo centrocampista. Campione d'Europa con la Nazionale spagnola nel 1964. Nel 1960 divenne il primo, e sinora unico, calciatore spagnolo, escludendo l'oriundo Alfredo Di Stéfano, a vincere il Pallone d'oro.
    Suarez_Sampdoria_70-71

    Iniziò a giocare nel 1952, al Deportivo La Coruña; fu ceduto al Barcellona nel 1954, dove giocò 216 partite segnando 112 gol. Vinse 2 campionati, 2 Coppe de Re, 2 Coppe delle Fiere e conquistò, nel 1960, il Pallone d'oro.

    Nel 1° giugno 1961 Suárez fu ceduto, per 250 milioni di lire, all'Inter, allora guidata da Helenio Herrera che lo aveva già allenato al Barcellona, dove segnò 33 gol. Herrera trasformò la mezzala in regista, ruolo questo in cui Suárez si calò alla perfezione, diventando autentica guida del gioco dei nerazzurri, un play-maker che recuperava palloni davanti alla difesa e rilanciava l’azione d’attacco con il suo spiccato senso tattico. Divennero celebri i suoi lanci lunghi (anche di oltre cinquanta metri) effettuati con precisione millimetrica, che innescavano il contropiede delle rapide punte interiste, come Mazzola e Jair.

    All'Inter, dei cui tifosi divenne presto un beniamino, il calciatore spagnolo vinse tre campionati (perdendone un quarto nello spareggio con il Bologna), due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, disputando 328 partite e segnando 54 gol (in campionato disputò 257 incontri realizzando 42 reti).

    Terminò la carriera nella Sampdoria dove tra il 1970 e il 1973 giocò 63 partite segnando 9 gol.


    Nazionale
    Giocò anche per la nazionale spagnola, esordendo il 5 gennaio 1957 (Spagna-Olanda 5-1), e vincendo il Campionato europeo del 1964.


    Allenatore
    Terminata la carriera agonistica, divenne allenatore, senza però raggiungere lo stesso successo che ebbe come calciatore. Dopo un anno sulla panchina delle giovanili del Genoa, nel 1974 accettò la guida della prima squadra dell'Inter. La squadra però aveva molti giovani e Suarez non riuscì a soddisfare le attese dei tifosi, tanto che fu licenziato dopo un anno: lui stesso ammise in seguito che non aveva saputo dire di no, ma avrebbe dovuto iniziare la sua attività in un altro modo. Dopo alcuni anni in Italia, passò ad allenare la nazionale under 21 spagnola, portandola alla vittoria nel campionato europeo del 1986; dal 1988 al 1991 guidò la prima squadra, senza grandi risultati ai mondiali del 1990.

    Alla Samp

    stagione 1970-1971 : 28 presenze, 5 goal
    stagione 1971-1972: 27 presenze, 4 goal
    stagione 1972-1973: 8 presenze, 0 goal
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    Fonte: wikipedia

    Uno splendido viale del tramonto di un grandissimo. La testimonianza di una Samp povera, ma comunque rispettata.

    Edited by Tore MB - 21/3/2020, 15:53
     
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    Ricordo benissimo Suarez. Ai tempi dell'Inter il centrocampo era lui. Con noi gioco' ancora bene anche se arrivo' a fine carriera. Aveva una visione del gioco incredibile. Per chi non l'ha mai visto giocare, Veron gli somiglia in parte, ma l'argentino che un tiro migliore.

    Onestamente non ho mai capito come mai Suarez non si confermo' un grande allenatore.
     
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    Beh se ne parla un gran bene di lui, giocava nella grande Inter e termino la carriera in una Samp abbastanza povera, quella degli anni '70. Un grande!
     
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    CITAZIONE (Tore* @ 5/1/2009, 19:44)
    Beh se ne parla un gran bene di lui, giocava nella grande Inter e termino la carriera in una Samp abbastanza povera, quella degli anni '70. Un grande!

    Era la Sampdoria di Colantuoni, l'avvocato "di campagna". In mancanza di altri possibile candidati alla presidenza, Colantuoni vi rimase per diversi anni. Non fu un periodo glorioso. Certamente a volte Suarez "predicava nel deserto" a Marassi. Nonostante eta' e passato glorioso, profuse sempre l'impegno del grande professionista.

    Edited by Tore MB - 9/7/2023, 14:37
     
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    Suarez: "Samp deve recuperare tranquillità e fiducia nei propri mezzi"
    Andrea Piras per sampdorianews.net

    Protagonista della grande Inter di Helenio Herrera degli anni 60 insieme a Corso e Mazzola, giusto per citare giusto due nomi, Luis Suarez, per tutti Luisito, ha chiuso poi la carriera con la maglia blucerchiata. Proprio a tal proposito il doppio ex di questa partita è stato intervistato in esclusiva da Il Corriere Mercantile.

    Nella chiacchierata gli è stata ricordata la partita di San Siro tra Inter e Samp di quel 9 gennaio 1972, match terminato sull'incredibile risultato di 4-4 con un rigore trasformato a tre minuti dalla fine proprio dal talento spagnolo:

    "Se mi ricordo quella partita? Come no, era la seconda volta che tornavo a San Siro da avversario dell'Inter, in una Sampdoria piccola ma orgogliosa. Giocammo benissimo e io segnai il rigore del 4-4, a tre minuti dalla fine. Fu una grande gioia per i miei compagni, alcuni dei quali non avevano nemmeno mai giocato in quello stadio, e anche per, che a 37 anni avevo fatto una buona partita.

    Eravamo una squadra molto affamata, tra i giovani emergenti e i...vecchietti come me. In quella partita fummo capaci di rimontare da 1-3 e da 2-4, e l'Inter aveva giocatori certo più forti dei nostri. Ricordo migliaia di tifosi sampdoriani in curva, entusiasti a fine partita. Non era cosa di tutti i giorni, un pareggio in casa dell'Inter. Eravamo alla fine del girone di andata e anche dopo quella partita l'unico pensiero era la salvezza, che per fortuna raggiungemmo abbastanza agevolmente.

    Un ricordo di quel rigore? Ero un giocatore molto esperto, ne avevo viste e passate di tutti i colori, non porevo certo aver paura della mie responsabilità. Il rigorista ero io e andai sul dischetto deciso. C'era un grande silenzio, spiazzai Bordon e sentii l'urlo dei tifosi sampdoriani al secondo piano della curva, i compagni vennero ad abbracciarmi.

    Lodetti che era stato prima mio avversario per tanti anni, Lippi che aveva segnato il terzo gol, sembrerà strano che lo dica uno come me, che ha vinto parecchio, ma quella partita e quel rigore sono tra i ricordi più belli della mia carriera.

    Cosa mi è rimasto dei miei tre anni alla Samp? Molti amici. Il ricordo di una società con pochi mezzi ma con grande dignità. Una città stupenda, una tifoseria appassionata e per nulla consapevole di quello che sarebbe capitato qualche anno dopo. Ma posso dire che quando la Sampdoria ha cominciato a vincere ero molto contento, pensavo ai miei anni e a come tutto fosse cambiato. Se la meritavano i sampdoriani, tutta quella felicità.

    In campo giocavo con il numero 10? Me lo ero conquistato, quel numero. Credo di poterlo dire. Adesso il 10 lo indossa Pazzini, ma in realtà è di un altro? Cassano sta vivendo un momento strano e con lui tutta la squadra. Anche giovedì sera in Coppa la Sampdoria si è fatta sfuggire una partita che sembrava non difficilissima da vincere.

    Ho l'impressione che l'eliminazione dalla Champions abbia lasciato strascichi pesanti, aggravati dal mancato successo di Eindhoven. In un momento come questo tutte le componenti devono far fronte comune, recuperare tranquillità e fiducia nei propri mezzi. La Sampdoria forse non è una squadra da scudetto, ma ha valori tali da permettere di giocare per i primi posti e di fare bella figura in Europa.

    L'Inter di oggi è troppo forte per la Samp? Anche quella Inter era molto più forte, eppure finì 4-4. Difficile che si ripeta lo stesso risultato, ma un risultato positivo è alla portata della Sampdoria".
     
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    Mi ricordo di Suarez che nella Sampdoria "predicava nel deserto". Ai massimi era stato uno dei migliori centrocampisti al mondo e venne da noi per chiudere la carriera. Anche a 37 anni era un giocatore di un livello ben superiore a quello dei suoi colleghi. Inoltre era sempre un gran gentiluomo in campo.
     
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    Ci è andato poco lontano il vecchio Luis :)
     
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    Suarez ha contribuito a farmi innamorare dei magici colori. Ho vissuto parecchi anni a Milano. Mio zio, interista, mi portò a San Siro, per vedere Inter-Sampdoria. Era il 25 aprile 1971. Avevo nove anni. Vinse l'Inter 3-1, e l'unico gol lo realizzò Suarez su rigore. Vederlo danzare col pallone, con quel suo stile unico, che sembrava accarezzare la palla con un tocco elegante, contribuì molto a farmi innamorare della maglia blucerchiata. Mio zio ci provò in tutti i modi, per farmi diventare interista....ma inutilmente.
     
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    Luisito era un giocatore squisito di classe inmensa e fece due stagioni molto buene alla samp
     
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    Un professore in campo. Centrocampista completo.
     
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    Alla carriera di Luisito Suarez, nato il 2 maggio 1935 è dedicato il primo numero di “La storia si chiama Sampdoria”:

    La carriera in club e nazionale: il 2 maggio 1935 a La Coruna nacque Luis Miramontes Suarez. Un Fenomeno autentico fin dai primi passi, quando il Barcellona nel 1953, a soli diciotto anni, lo acquistò per la bellezza di due milioni. La sua esperienza in blaugrana è fantastica: 216 presenze dal 1953 al 1961 con 112 reti realizzate, due campionati, due edizioni della Coppa delle Fiere e della Coppa di Spagna. Nella Nazionale maggiore spagnola colleziona 31 presenze con ben 13 reti. Dopo la conquista del pallone d'oro nel 1960 si trasferisce all'Inter seguendo il tecnico Helenio Herrera, contribuendo a scrivere nuove pagine della storia neroazzurra grazie alla gestione morattiana: tre scudetti, due Coppe dei Campioni, altrettante Coppe Intercontinentali. Il suo contributo di eccellente classe non si fa mancare nemmeno in Nazionale, facendo la differenza per la conquista del titolo europeo nel 1964. La lunga esperienza interista termina dopo nove campionati, con il passaggio in blucerchiato nel 1970. 9 reti realizzate in 63 presenze nell'arco di tre stagioni. Appende gli scarpini al chiodo all'età di trentotto anni.

    L'esperienza blucerchiata: non parliamo di un campione andato in Liguria per svernare, “semplicemente” parliamo di un fenomeno, autentico professionista approdato a 35 anni alla Sampdoria con stimolo, voglia di incidere e desiderio di incantare il pubblico, calandosi perfettamente nella mentalità della compagine di quei tempi. Chi ha avuto la fortuna di poterlo ammirare sul terreno di gioco si è innamorato del suo destro, capace di verticalizzare e riaprire gli sbocchi di manovra con cambi gioco al bacio, senza mai far venire meno il “lavoro sporco”, con abnegazione e grinta per aiutare il compagno in difficoltà.

    A distanza di anni non lo ha mai nascosto in ogni occasione, definendo bellissimi i tre anni vissuti in blucerchiato, rifiutando la voce che riportava il suo presunto malcontento per il trasferimento. Non gli era andata giù soltanto la mancata comunicazione dell'Inter, se non avesse davvero voluto venire alla Sampdoria lo avrebbe fatto presente e così non fu. Il cambio di mentalità, da club capaci di vincere tutto a livello nazionale e continentale alla realtà di quei tempi, non fu semplice, come del resto la nostalgia delle serate di coppe europee.

    La situazione blucerchiata al suo arrivo: in vista del campionato 1970 – 1971 mister Bernardini non ebbe pretese da sogno da chiedere al Presidente Colantuoni, la priorità era rappresentata da un attaccante in grado di andare in doppia cifra, facilitando l'agognato salto di qualità della squadra, spesso e volentieri l'elemento di differenza tra una stagione vissuta tra patemi oppure nell'anonimato e un'annata con diverse soddisfazioni. In uscita Nielsen, in entrata dall'Inter il panchinaro Spadetto e soprattutto il leggendario Luisito Suarez, in una sessione di mercato che non lasciò comunque perplessità e polemiche, in primis per la cessione in neroazzurro di Mario Frustalupi, ritenuto l'elemento indispensabile.

    Fu ceduto anche Romeo Benetti, reduce dalla stagione di grande riscatto fisico e inevitabilmente caratterizzata da un rendimento ad alti livelli, la corte del Milan fece centro. Dai rossoneri arrivò Giovanni Lodetti, ancora nel pieno della carriera a 28 anni e reduce da un decennio sugli scudi con il fondamentale ruolo di “gregario” per un campione del livello di Gianni Rivera. Nelle casse doriane circa duecento milioni come conguaglio economico. Fu un mercato piuttosto movimentato in entrambe le direzioni, con l'arrivo dal Mantova di Pellizzaro come alternativa a Piero Battara, in difesa fu pescato dallo Spezia l'interessante terzino Marco Rossinelli, un cursore con il vizio del goal. Purtroppo gli anni passano e il pubblico dovette apprendere del ritiro del “Martello” Delfino.
    Ci furono diverse occasioni per incontrare da avversario l'Inter, indossando la maglia più bella del mondo, in primis il 9 gennaio 1972 quando a Milano il risultato finale fu un pirotecnico 4-4. Boni, approfittando di un'incertezza di Bordon, Boninsegna, Corso, Boninsegna, un siluro di Santin, ancora Boninsegna, l'imparabile diagonale di Lippi e proprio Luisito ad un paio di giri d'orologio dal triplice fischio finale, su rigore concesso per fallo di mano di Facchetti. Il primo campionato lo visse da protagonista, con la fascia di capitano e 5 goal realizzati, con la salvezza raggiunta per differenza reti a sfavore del Foggia. Non mancarono i patemi fino alla fine, messi in archivio con il successivo ottavo posto in campionato e Luisito ancora con uno spazio di primo piano, testimoniato da giocate di grande classe efficaci per la manovra, quattro reti in ventisette presenze.

    Luisito Suarez, i gioielli, le giocate di classe a 35 anni, non mancarono. Nel 1971 le cronache dedicano spazio alla prestazione da trascinatore da copertina nel 3-0 ai danni del Verona, mandando con eleganza e precisione in goal Sabadini, Salvi e Cristin. Non si può dimenticare il prezioso 2-2 sul campo del Foggia, con una pennellata al bacio dello spagnolo e il goal di grande impatto realizzato da Fotia a ribaltare lo svantaggio iniziale per il rigore provocato dal fallo di Sabatini. Nel finale la punizione di Montefusco decretò il pari. Contro l'Inter virtualmente campione d'Italia lo spagnolo andò a segno dal dischetto realizzando il goal dell'ex, una soddisfazione solo personale considerando l'assolo di Mazzola e la doppietta dagli undici metri di Boninsegna.

    Nell'anno successivo ogni sua fiammata faceva cambiare binario al match; per più di una frazione la Roma, impreziosita in estate dall'arrivo di Roberto Vieri, non riuscì a trovare il bandolo della matassa dinanzi alla giornata top del campione spagnolo. I giallorossi vennero fuori soltanto approfittando del calo fisico degli ultimi minuti e devono ringraziare un contestato goal di Amarildo nel finale per assicurarsi i tre punti. A Santo Stefano arrivarono due punti fondamentali prevalendo sul Varese, determinanti i sigilli di Cristin, lesto ad approfittare di una corta respinta del portiere, e dal dischetto di Suarez, appena rientrato da un infortunio.

    Il terzo anno fu complicato a livello fisico, soltanto otto presenze, un infortunio stravolse ogni programma: “L'anno dopo mi feci male ad un piede e decisi di smettere a fine stagione, mi regolavo di anno in anno”. Le sue dichiarazioni d'affetto nei confronti della Sampdoria non sono mai mancate: “Mi sono trovato bene, sapevano cosa si aspettavano da me dirigenti e tifosi e ho fatto il possibile per darglielo. A Nervi stavo d'incanto, ci ho lasciato un pezzo di cuore”.

    Il rapporto con i tecnici: “Dottor Bernardini eccezionale, sapeva come ottenere il massimo da ogni singolo calciatore, lasciando a loro l'iniziativa per responsabilizzarli”. Più complicata la quotidianità con Heriberto Herrera: “Cambiò tutto, ti assillava giorno e notte”, ma la professionalità dello spagnolo non cambiò di un millimetro.

    www.sampdorianews.net/primo-piano/...o-suarez-114275
     
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    Grande Luis. Un professionista esemplare. Ricordo i suoi lanci coast to coast al millimetro come fosse ieri, anzi oggi, assieme ai commenti di mio papà. <3 :pregare:
     
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    L'intervista al canale ufficiale nel 2013:



    Edited by Tore MB - 9/7/2023, 14:38
     
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    Anche lui ci ha lasciato.
    Bello in una Samp povera.
    Con Gullit, l'unico Pallone d'Oro passato di qui.
     
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    Un campione straordinario.
    Mi era venuto in mente proprio l'altro giorno, mentre ripensavo ai vecchietti terribili che arrivarono qui dalle milanesi in passato, considerati bolliti e che invece fecero benissimo.
    Non lo ricordo direttamente per motivi anagrafici, ma ho letto e sentito molto su di lui: ovviamente era a scartamento ridotto rispetto agli anni d'oro, ma il suo contributo fu notevole, così come la sua serietà e professionalità.
    Ricordo a tal proposito un'intervista al suo compagno di camera dell'epoca in ritiro (non ricordo chi fosse) che raccontava di come lo meravigliò vederlo svegliarsi molto presto al mattino per fare stretching ed esercizi di attivazione muscolare in camera e di come da veterano fosse lui a tirare il gruppo nei giri di campo.
    Considerando la nostra dimensione dell'epoca ed il valore del giocatore, era un po' come Baggio negli ultimi anni di carriera a Brescia: al piccolo trotto, ma classe sopraffina e grande contributo alla causa.
    Ricordo pure, questo direttamente, un suo commento al campionato 2009/2010 mentre che era opinionista (non ricordo se Mediaset o 7gold) in cui era raggiante perché l'Inter aveva vinto il triplete, il Barcellona era campione di Spagna e la Samp era andata in Champions, segno che la sua esperienza qui (pur non lunghissima nonché di livello decisamente più basso rispetto al suo glorioso passato nelle squadre sopra dette) lo aveva gratificato e ci ricordava con affetto.
     
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20 replies since 5/1/2009, 09:39   1962 views
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