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Per una volta cerco di non perdermi nei discorsi sul virus e mi fa piacere ricordare un mio aneddoto personale, tanto per far notare la differenza che esiste (se già non si sapesse) tra il calcio di un tempo e quello odierno e, in particolare, la campagna acquisti-vendite.
Devo scavare nella mia memoria, ma non faccio molta fatica perchè questo è un episodio che, chissà perchè, ricordo non raramente.
Insomma era l'estate del 1958  ed ero con mio papà sull'autobus per andare a De Ferrari quand'ecco che un tale seduto, io ero in piedi, apre il giornale alla pagina sportiva e i miei occhi cadono su un trafiletto di una ventina di righe al massimo. Un colpo al cuore, mi stropiccio gli occhi per accertarmi di aver letto bene; diceva: Firmani ceduto all'Inter per 155 milioni. Il mio idolo di allora, Roland Eddie, il primo di "tanti" idoli di questa mia militanza di supporter blucerchiato non avrebbe più indossato la maglia della Sampdoria. Non nascondo di aver sentito gli occhi lucidi e ho cercato conforto in mio papà che allargò le braccia. Una bella cifra per quei tempi, ma chi se ne fregava dei soldi, nella mia testa fanciullesca avevano un'importanza pari a zero. Nè poteva l'arrivo d Guidone Vincenzi, che poi sarebbe stato una nostra colonna per anni, consolarmi. E poi chi lo conosceva quel Vincenzi, se non l'averlo visto sulle figurine di quei tempi.
E così fu. E bastò un trafiletto per liquidare l'argomento. Al giorno d'oggi un trasferimento del genere (perchè Firmani era davvero forte e arrivò nella classifica cannonieri secondo dopo il gallese John Charles) avrebbe occupato pagine intere di giornali per giorni e giorni.
Altri tempi e non sto qui a dire se li preferisco agli attuali, ma solo il fatto di essere sempre nella parte sinistra della classifica, di avere le casacche Isolabella, i calzettoni a righe orizzontali stile rugby, ma, soprattutto, per essere molto, ma molto giovane , tutto questo può dare una risposta.
Qualche anno dopo, ahimè da tagliarmi le vene, fu acquistato dalla squadra inglese di Genova e fece pure goal in un derby davanti ai miei occhi: una pugnalata per me, accompagnata da un impegno forsennato quel giorno, che io volli giustificare dal fatto che lui voleva a tutti i costi dimostrare che la nostra dirigenza aveva fatto male a cederlo.
Alla fine, comunque, conservo sempre un ricordo affettuoso di quel tacchino freddo sudafricano dalle orecchie a sventola che riuscì anche a giocare per la nazionale italiana e, naturalmente, a segnare due goals con quella maglia.
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