Renzo Ulivieri (1981-1984)

Allenatore

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  1. Tore MB
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    Undici campionati di Serie B e quattro promozioni in A. È il bilancio della Sampdoria nel torneo cadetto. La prima e l’ultima volta la risalita è stata immediata. Nel 1967 con Gipo Poggi allenatore e Fulvio Bernardini direttore tecnico. Nel 2012 ai playoff con Beppe Iachini, subentrato a Gianluca Atzori. Le altre nel 2003 con Walter Novellino, all’inizio dell’era Garrone, e nel 1982 con Renzo Ulivieri.

    «Si veniva da 5 anni di B: fu una liberazione - rammenta il presidente dell’Associazione italiana allenatori - la sera della promozione girai tutta la notte in macchina tra le strade di Genova per vedere i tifosi in festa». Il ritorno in A aprì la strada all’ascesa della Sampd’oro. «Quando ai corsi per allenatori mi chiedono chi mi ha insegnato di più nella vita dico sempre: un professore di filosofia, un prete e Paolo Mantovani - rivela Ulivieri - il presidente mi ha fatto scuola, venivo da San Miniato, dalla campagna, mi ha fatto capire come stare al mondo, come allenare un club così importante».

    In carriera “Renzaccio” ha ottenuta due promozioni in A: «Con Samp e Bologna, l’ho conquistata sul campo. A Genova subentrai dopo poche giornate, partimmo forte, poi a 10 dal termine sembrava finita, fu decisiva la vittoria a Bari. Fu un successo di popolo, gente, società, calciatori: ognuno fece la sua parte per l’impresa. La nostra forza? Giocatori bravi che stavano bene insieme. In B devi sapere che il momento difficile arriva per forza, la differenza la fa la gestione, venirne fuori senza intaccare i valori e l’unità del gruppo, deve emergere l’animo da cooperativa. Col ritorno in A iniziò un’epopea irripetibile nel calcio moderno ma spero che si possa tornare ai tempi in cui vincevano Samp, Fiorentina, Cagliari, Verona».


    Per la panchina c’è Grosso in pole: «In realtà pure io sono libero... no scherzo, ho 82 anni e poi tifo per i ragazzi che fanno il corso a Coverciano - chiude Ulivieri - di Fabio apprezzo l’equilibrio, oggi non basta sapere di calcio e comunque lui ne sa molto come ha dimostrato a Frosinone. Lui alla Samp e Gilardino al Genoa: sarebbe bello. A Genova è sempre derby, anche se sei in categoria diverse. Sono sampdoriano sfegatato ma non riesco a essere anti-genoano. Forse perché il mio vero derby era tra San Miniato Basso, dove c’eravamo noi, operai, contadini contro San Miniato Alto, la borghesia, la nobiltà, sono rimasto a quello (ride)».

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