Alviero Chiorri (1975-1981 e 1982-1984)

attaccante (2° punta)

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    http://www.gazzetta.it/Calcio/Primo_Piano/...6/chiorri.shtml

    Corriere della Sera dell’altro ieri, intervista all’ex c.t. azzurro Marcello Lippi. Domanda: «C'è un suo compagno di squadra che avrebbe meritato molto di più di quello che ha avuto dal calcio?». Risposta: «Alviero Chiorri, qualità tecniche e atletiche a livello dei più grandi. Ora vive a Cuba». Chiorri giocava assieme a Lippi nella Sampdoria degli anni Settanta. Romano di origini, possedeva numeri eccezionali, una specie di Totti prima di Totti. Era un ragazzo, debuttò in serie A a ridosso dell’inquieto 1977, anno di violenze e trasgressioni. Al raduno estivo si era presentato in tenuta da spiaggia: sandali e bermuda, orecchini ai lobi e un catenone d’oro al collo. Sembra di rivederlo, e di risentirlo parlare in mezzo romanesco: «Ahò, so’ Alviero, che problema c’è?». L’allenatore della prima squadra, Eugenio Sergente di Ferro Bersellini, l’aveva cacciato seduta stante, salvo richiamarlo poi per manifesta superiorità calcistica.

    AZZURRI OVER 40 «Bisognerebbe vivere i vent’anni con l’esperienza dei quaranta», riflette oggi Chiorri, che in questi giorni sta a Roma per motivi familiari, ma che conferma la versione di Lippi: «Certo, abito a Cuba in pianta stabile dal ’94 circa. Che cosa faccio? Niente, mi godo la vita. Ho casa in centro all’Avana, seguo i miei figli piccoli, una bambina di sei e un bimbo di due. Vado al mare e continuo col calcio. Gioco nella "Tricolor", squadra di italiani a Cuba. Partecipiamo a un torneo over 40, nel 2006 siamo arrivati terzi. Indossiamo le maglie azzurre dell’Italia. Quelle vere, ufficiali, che mi ha spedito Marcello (Lippi, ndr)».

    SCARPE DIVERSE Chiorri coltivava un piccolo segreto, calzava scarpe da pallone spaiate. «Al piede destro tenevo i sei tacchetti da campo pesante anche se il terreno era asciutto, perché volevo che la gamba d’appoggio fosse stabile, ben radicata. Al sinistro, estate o inverno che fosse, mettevo lo scarpino coi tredici tacchetti perché volevo che la gamba creativa mantenesse più libertà di movimento». Una carriera all’insegna del se. Se si fosse allenato meglio, se avesse collezionato meno ragazze, se non fosse scappato dai ritiri. Se, se, se. «Diciamo la verità: per diventare grandissimi, competere agli alti livelli, non basta essere bravi sul campo. Avevo dei limiti, arrivai in serie A troppo giovane, ma va bene lo stesso, mi sono divertito».

    CHE TRIO A un certo punto, estate del 1981, Chiorri lo prestarono al Bologna e in quell’anno il club rossoblù si ritrovò con tre attaccanti che a ripensarci vengono i brividi: Chiorri, Roberto Mancini (lui, l’allenatore dell’Inter) e Macina. Marco Macina, chi era costui? «Un fenomeno, più bravo di me e Mancini. Anche Marco non fece la strada che doveva». Macina, sammarinese, passò al Milan, ma non sfondò e si smarrì presto nelle serie minori. Chiorri lasciò la Samp nell’estate ’84, girato alla Cremonese nel quadro dell’affare Vialli. Paolo Mantovani, presidente doriano, chiamò Alviero: «Mi dispiace, non posso fare diversamente». Parole dolenti, anni prima Mantovani aveva vincolato l’acquisto della Samp da parte sua alla conferma del baby-prodigio, corteggiato dall’Inter. Un destino garbato regalerà a Chiorri il congedo perfetto: l’ultima partita da professionista sarà Samp-Cremonese (2-2), maggio ’92. Acqua passata, il presente è Cuba. E il futuro? Dove sarà Alviero nel 2020? «E chi lo sa? I Caraibi sono pieni di isole e isolotti...».
     
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