Luca Pellegrini (1980-1991)

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  1. migly
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    CITAZIONE (Skalda73 @ 15/6/2018, 11:26) 
    Di certo quella di quell'estate fu la peggiore campagna estiva da quando seguo la Samp. Tra il calciomercato di gennaio e quello estivo la squadra fu decisamente indebolita. Proprio non capisco come pensassero di andarsi a giocare la coppa campioni avendo ceduto riserve come Dossena, Pellegrini, Mychajlyčenko e Branca.

    Beh dai, però presero Silas... (e non ricordo chi altro. Dario Bonetti, forse?)
    ;-)

    Confermo: bellissima intervista.
    Sicuramente c'è qualcosa che Luca non dice (si vociferava di malumori in spogliatoio, e di rivalità per la fascia ed il ruolo di leader del gruppo con il Mancio), rimane il fatto che a tutti sarebbe piacerlo vederlo ancora in blucerchiato.
    Non ricordavo la stima di Eriksson per IL capitano: conferma ed aumenta la grande ammirazione che ho per entrambi i personaggi.

    FORZA DORIA!!!
     
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    Pellegrini sull’addio alla Samp: «Sono stato tradito»

    Tornare indietro, ripercorrere quella che è stata una carriera ricca di successi in blucerchiato, per Luca Pellegrini è facile ma anche difficile. A tanta gioia corrisponde anche tanto rancore per alcune situazioni che, purtroppo, hanno incrinato i rapporti. Ai microfoni di Luca Uccello, il Capitano della Sampdoria dello scudetto non nasconde che avrebbe voluto chiudere la carriera in blucerchiato.Rivela alcuni retroscena, su come gli fu comunicato di non essere più parte del progetto da parte di Paolo Mantovani: «La Sampdoria è stata, per larga parte della vita, la mia vita. Ho avuto la fortuna di giocarci undici anni, sono stato il primo acquisto, assieme a Bistazzoni, dell’era Mantovani. Potrei dire di essere la pietra miliare attorno alla quale la dirigenza tecnica ha costruito la storia blucerchiata. Sono stati i tifosi ad etichettarmi come “Il Capitano”, probabilmente perché ho sempre incarnato lo stile della Sampdoria. Essere capitano è una cosa genetica, la hai dentro, fin da piccolo sono sempre stato un leader. Non uno di quelli rumorosi, ero abbastanza silenzioso, ma quando dicevo le cose venivano ascoltate».

    Arrivare sul tetto della Serie A, all’epoca, era possibile perché il calcio era diverso: «La Sampdoria ha vinto lo scudetto perché nel calcio contavano ancora le individualità. Noi non eravamo “organizzati“ perché Boskov giocava all’antica. Venivamo da due anni con Bersellini dove avevamo giocato a zona, Boskov passò alla marcatura a uomo perché esigeva sapere chi fosse il responsabile dei gol subiti. Aveva esperienza da vendere, era psicologo, sapeva gestire un gruppo di galletti con forti personalità, ci voleva uno che sapesse usare il bastone e la carota. È riuscito a dare un equilibrio all’interno del nostro spogliatoio. Ognuno di noi aveva una sua identità, un forte carattere che ovviamente si era consolidato con il tempo grazie alle esperienze, ci siamo forgiati a vicenda e molto bene. Qualche volta il mister ci chiedeva consigli per fare la formazione, è stato chiesto anche me di dare un giudizio sui miei compagni di squadra ma non mi veniva naturale, tant’è vero che poi io non ho fatto l’allenatore. Non era così per altri miei compagni di squadra che davano anche giudizi trancianti».

    I procuratori e Paolo Mantovani, un aneddoto che ci mostra un calcio completamente diverso da oggi: «La Champions? Non l’hanno vinta perché non c’ero più io. Sono sincero non ho mai seguito le partite di Coppa dei Campioni della Sampdoria. Mi sono sentito tradito, che è peggio della delusione. Deluso, è un qualcosa che ti manca, ma quando poni fiducia e vieni tradito, non ha paragoni. Correva l’anno 1984, l’avvocato Canovi è stato uno dei primi a diventare procuratore, io avevo difficoltà ad andare a parlare di soldi, mi risultava pesante. Lo ingaggiai dopo aver valutato la situazione con la mia famiglia. Non ho però mai mandato nessuno dalla società, essendo ancora sotto contratto. Adesso è una cosa naturale che l’avvocato vada prima della scadenza a parlare con la società, all’epoca no. Eravamo in ritiro e il mio procuratore, inseguito alla vittoria della Coppa Italia, si presenta in sede. Io non ne sapevo nulla. Mi ferma Bersellini, prima di un allenamento, per chiedermi conto del procuratore e per avvisarmi che il Presidente c’era rimasto male. Lo chiamai, risolsi la situazione e pianificammo di vederci: una volta faccia a faccia ci facemmo una risata, liquidai l’avvocato e non si parlò più di contratto. Lui non voleva i procuratori perché aveva talmente tanta voglia di stare con noi che, non potendo scendere in campo, non voleva gli fosse tolta la possibilità di contrattare con i giocatori, così mi spiegò».

    «Arriviamo al 1990/91, avevo firmato un contratto in bianco, della durata di tre anni. Quel contratto scoprii a fine stagione non fu mai depositato. Dopo la vittoria dello scudetto mi cercò, invano, Borea. C’erano state voci in entrata ma non gli avevo dato peso. Chiamai il Presidente per sapere il motivo della telefonata del direttore sportivo e lui mi comunica che non sarei stato confermato per l’anno successivo. Sono rimasto impassibile e ho chiesto del contratto, mai depositato, riguardo alle pendenze, poi ho riattaccato. Abbiamo avuto la fortuna di avere Paolo Mantovani come presidente che ci ha coccolato, chi più e chi meno: è sempre stato una persona presente anche quando era all’estero. Ogni anno, dopo che ero andato via, si verificava la possibilità di rientrare a Genova. Quando arrivò Eriksson fu lui a dire di volermi. Nel 1994/95 sarei dovuto rientrare a Genova ma ci fu la cessione di Pagliuca all’Inter che presuppose l’arrivo di Riccardo Ferri che aveva più o meno le mie caratteristiche e quindi saltò tutto»

    https://www.sampnews24.com/pellegrini-si-r...o-che-e-peggio/
     
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    auguri al capitano per il suo genetliaco (56 primavere), per me il LIBERO per antonomasia-
    a wembley dovevi esserci tu
     
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    http://www.sampdoria.it/club-legends-su-du...tan-pellegrini/
     
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    Edited by Tore MB - 23/5/2020, 14:57
     
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    Luca Pellegrini elogia l’operato di Claudio Ranieri sulla panchina della Sampdoria, ma nutre qualche dubbio per il futuro. Le dichiarazioni dell’ex capitano blucerchiato, in esclusiva, ai microfoni di Sampnews24.com. «Ranieri è uno di quegli allenatori che, malgrado cerchi di essere sempre di aiuto e di sostegno, non ha la stessa mentalità di Giampaolo o Sarri. Non ha quella metodologia di lavoro, a volte stressante e capillare, necessaria quando non hai i giocatori già formati. Ora comunque l’importante sarà salvarsi, poi sedersi e decidere la strategia per la prossima stagione. Non so se Ranieri a questo punto possa essere l’uomo giusto per la programmazione societaria, ma ora dobbiamo ancora salvarci. Pensiamo al presente che è già complicato».

    https://www.sampnews24.com/pellegrini-su-r...r-la-sampdoria/
     
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    Luca Pellegrini (Varese, 24 marzo 1963) è un ex calciatore italiano, di ruolo difensore. Anche i suoi fratelli minori Davide e Stefano sono stati calciatori. Cresciuto nel Varese con cui vinse il campionato di Serie C1 1979-1980, ha poi giocato nella Sampdoria di Paolo Mantovani per undici anni, dal 1980 al 1991; con i blucerchiati, di cui indossò anche la fascia di capitano, vinse lo storico scudetto della stagione 1990-1991, oltre alla Coppa delle Coppe 1989-1990 e a tre Coppe Italia. Nel 1991 venne ceduto al Verona, dove rimase per un biennio prima di chiudere la carriera con le maglie di Ravenna, nel torneo 1993-1994 di Serie B terminato con la retrocessione dei giallorossi in C1, e con il Torino nell'annata 1994-1995, in Serie A.

    Dopo il ritiro
    Abbandonati i campi di calcio all'età di trentadue anni, diventa socio di una ditta che opera nell'ambito portuale. È inoltre collaboratore di Sky Sport e Primocanale in veste di opinionista e commentatore tecnico.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Luca_Pellegrini
     
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    Circa Pellegrini. Mettetevi in testa che venne "cacciato" dal Presidente (e non uno qualunque) per essersi presentato al rinnovo del contratto con un procuratore. Contratto che infatti non venne rinnovato, e proprio l'anno prima dello scudetto il sig. Pellegrini se ne andò al Verona. Questo secondo me spiega parecchio.

    Parole dalla sua bocca:
    "Non sono andato via, mi hanno lasciato senza contratto. Per me è una ferita aperta. Comunque andasse per me è un dispiacere, non ho mai visto una partita della Samp. Sono stato tradito, è ben diverso dall'essere deluso perchè la delusione è quando riponi fiducia e il tradimento è quando tu hai già riposto la fiducia in qualcosa, è una certezza che ti è stata sottratta. Orgoglioso di aver fatto tutto il percorso netto dalla B alla serie A e poi che sarà sarà... ", ha dichiarato l'ex capitano a Telenord
     
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    CITAZIONE (Zeneise68 @ 19/4/2021, 16:31) 
    Circa Pellegrini. Mettetevi in testa che venne "cacciato" dal Presidente (e non uno qualunque) per essersi presentato al rinnovo del contratto con un procuratore. Contratto che infatti non venne rinnovato, e proprio l'anno prima dello scudetto il sig. Pellegrini se ne andò al Verona. Questo secondo me spiega parecchio.

    Parole dalla sua bocca:
    "Non sono andato via, mi hanno lasciato senza contratto. Per me è una ferita aperta. Comunque andasse per me è un dispiacere, non ho mai visto una partita della Samp. Sono stato tradito, è ben diverso dall'essere deluso perchè la delusione è quando riponi fiducia e il tradimento è quando tu hai già riposto la fiducia in qualcosa, è una certezza che ti è stata sottratta. Orgoglioso di aver fatto tutto il percorso netto dalla B alla serie A e poi che sarà sarà... ", ha dichiarato l'ex capitano a Telenord

    Pellgrini fece parte della Sampdoria dello scudetto anche se gioco' poco perche' infortunato.
     
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    13 marzo 2022, 08:04
    Luca Pellegrini: «I primi calci nel cortile di via Albani, il contratto segreto firmato con papà e i consigli del mio secondo padre Eugenio Fascetti»
    Emozioni, insegnamenti e aneddoti di un vero figlio di Varese: «Iniziai al Bosto superando due provini, Fascetti mi fece esordire in biancorosso a 15 anni e venni contattato dalla Samp a 17 mentre ero in vacanza a Viareggio. Mancini e Vialli useranno parole e motivazioni mondiali con l'Italia, ma servirà anche buona sorte per vincere i playoff»

    Da quel cortile in via Albani ne ha fatta di strada Luca Pellegrini, icona dei calciatori e degli uomini veri che escono dal vivaio per esordire nella squadra della loro città e poi andare a diventare simboli scudettati altrove, in questo caso alla Samp. «I primi calci li tirai proprio in quel cortile di via Albani» ci racconta Luca che, dal suo libro fresco di stampa ed emozioni al rapporto unico con Eugenio Fascetti, capace come nessun altro di motivare e lanciare giovani («Mi fece esordire nel Varese a 15 anni ed ero ancora sotto sua "tutela" quando, a 17 mentre ero in vacanza a Viareggio, mi contattò la Samp»), trasforma ogni parola in qualcosa che non si può dimenticare. «L'Italia dei "miei" Mancini e Vialli? Affronterà i playoff con lo spirito giusto, ne sono certo. Ma servirà anche un po' di buona sorte».

    Luca Pellegrini nasce a Varese il 24 marzo 1963, ed inizia giovanissimo a giocare a calcio nel Bosto. Passa nelle giovanili del Varese e poi è per due anni in prima squadra, esordendo quindicenne in serie B e vincendo l’anno successivo il campionato in serie C con mister Fascetti. Nel 1990 eccolo alla Sampdoria dove gioca per undici anni indossando anche la fascia di capitano, vincendo lo storico scudetto nella stagione 1990-91, Coppa delle Coppe (1989-1990) e tre coppe Italia. Nei blucerchiati ha giocato tra altro con compagni come Roberto Mancini, Beppe Dossena e Gianluca Vialli. Nel 1991 viene ceduto al Verona, dove resta due stagioni prima di trasferirsi al Ravenna e al Torino, per poi chiudere la sua carriera e intraprendere quella di manager in un'azienda che opera nel settore portuale e fare l'opinionista sportivo per Sky e Primo Canale. Terminata questa esperienza ora è un felice pensionato e si gode il mare ligure.

    Luca, ci racconta da dove parte la sua storia calcistica?
    Ho iniziato a tirare i primi calci al pallone nel cortile di via Albani, dove sono nato. Poi grandicello, con i miei fratelli Davide e Stefano e gli amici, andavamo nel campetto adiacente e nel vicino oratorio. Un giorno un mio "amichetto di merende" mi dice che il Bosto sta organizzando una leva calcistica della mia annata. Un po' per gioco e un po' per curiosità, ci provo: supero primo e secondo provino, quest'ultimo a Vedano, vengo tesserato ed inizio a seguire i preziosi consigli di Fausto Pozzi, Osvaldo Tonelli e Mario Colombo.
    Dopo due anni eccomi nel Varese dove, quindicenne, faccio il mio esordio in prima squadra. Dopo aver vinto il campionato di serie C con Eugenio Fascetti, vengo contattato da Torino e Milan ma, nell'estate nel 1980, mentre sono in vacanza a Viareggio sotto tutela di Fascetti (avevo 17 anni) si fa viva la Sampdoria tramite l'avvocato Colantuoni che, su indicazione del presidente Paolo Mantovani, voleva creare una super squadra. Ci penso qualche giorno e, su suggerimento dei miei genitori, accetto.

    Ha iniziato a giocare giovanissimo: come conciliava il calcio con lo studio?
    Non sempre è stato facile: anche in questo caso ho fatto molti sacrifici. ho frequentato scuole serali e, infine, sono arrivato al diploma di ragioniere. Sinceramente non potevo fare altro. Con un padre dirigente e una mentalità basata su programmi ben precisi, il diploma era il minimo sindacale. A tal riguardo vi racconto un episodio curioso. Papà Antonio, da attento genitore quale è sempre stato, aveva percepito la mia volontà di abbandonare lo studio. Ebbene, mi fece firmare un contratto tra padre e figlio che diceva questo: se non andavo a scuola, lui avrebbe preso i sodi dell’ingaggio con la Sampdoria. Sicuramente poi non l’avrebbe fatto davvero, ma quello fu un grande stimolo per me, poco più che adolescente lontano da Varese. Il mio consiglio per i ragazzi che giocano a calcio è quello di impegnarsi in questo sport di squadra che ti prepara il carattere per affrontare i sacrifici che la vita ti impone, ma è anche quello di studiare per aprirsi un'altra prospettiva.

    Legame con Varese?
    Molto stretto: anche se vivo a Genova, torno qui spesso. Mio padre è tumulato al cimitero di Belforte, nella Città Giardino ci sono le mie radici e Varese mi ha dato la possibilità di iniziare a fare il calciatore. Non posso non ricordare i consigli e gli insegnamenti del mio secondo padre, Eugenio Fascetti: spesso con il suo carattere da toscano pareva burbero e diretto, ma era il comportamento giusto per motivare i giovani. Aveva l’occhio lungo nello scoprire i giovani talenti e nel farli crescere.

    Parliamo del suo libro, "Sampdoria 1991. L'anno dello scudetto e le cose mai dette", scritto con Luca Talotta e presentato recentemente nella sede di Bosto...
    ...dove ho ritrovato dopo tanti anni amici che per vari motivi avevo perso di vista. Un'occasione in più per venire a Varese.

    Come è nata l’idea del libro?
    L'iniziativa è partita dalla casa editrice Caosfera, che ha già pubblicato la "favola" degli scudetti di Cagliari, Torino e Verona, con i capitani di allora che hanno raccontato le storie e il gruppo che ha portato anche le provinciali a vincere il campionato e i granata a riconquistarlo dopo l'epopea del Grande Torino.

    https://www.varesenoi.it/2022/03/13/leggi-...-di-varese.html
     
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